- Scritto da Dott.Antonio Stiscia
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Qualche tempo fa, ho avuto la fortuna di poter visionare, in copia fotostatica, un manoscritto di Padre Samuele Isabella di Montecalvo sec. XVIII (di cui ho parlato in altre occasioni e di cui ne ho preannunciato un piccolo saggio biografico) che per dovizia e abbondanza di particolari e di fonti, rimane pietra miliare per qualunque studio storico su Montecalvo, rappresentando quasi una summa storiologica e storiografica per ogni appassionato e ricercatore.Il manoscritto, prestatomi dall’amico e strenuo ricercatore Mario Aucelli (conosciuto più per la sua attività giornalistica) è una vera miniera di informazioni e sarebbe auspicabile una sua integrale pubblicazione, comprensiva delle note e dei ripensamenti,proprio per far comprendere al futuro lettore (speriamo) come la ricerca sia sempre stata difficile e come nel passato le fonti fossero ancor più scarse. Come del resto, sarebbe auspicabile la pubblicazione dei Registri del Decurionato, che si trovano nell’Archivio Comunale.
Ritratto a stampa di Padre Samuele Isabella O.F.M. (Archivio Palazzo Stiscia)
- Scritto da Angelo Siciliano
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Almeno due elementi di questo mio testo, la sifilide e la filastrocca di Agnese, fanno ipotizzare il contatto dei munticalvulìsi, dall’antico nome del paese Montecalvoli, con i francesi. Che un incontro ravvicinato sia avvenuto nel luglio del 1496, lo scrive Francesco Guicciardini nella sua “Storia d’Italia”, edita in tre volumi da Einaudi nel 1971. Infatti, lo scontro militare tra Carlo VIII, re di Francia, e Ferdinando II d’Aragona, re di Napoli, avvenne proprio ai piedi del monte, tra Montecalvoli e Casalarbore. Il re francese aveva mire di conquista sul regno di Napoli, che sarebbero fallite, e da qui il saccheggio brutale cui fu sottoposta Napoli, nonostante l’iniziale occupazione pacifica della città e l’accoglienza favorevole della popolazione.La sifilide, arrivata in Europa a seguito della scoperta dell’America, avvenuta nel 1492, fu diffusa dagli equipaggi di Cristoforo Colombo a partire dal 1493.
- Scritto da Redazione
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Carlo II° - Re Roberto - I tempi dei di Durazzo - Montecalvo nel trecento storico.
Secondo quanto si rileva dalla storia, presa la corona regia Carlo II d’Angiò - l’opera del suo genitore, fu da lui continuata nel regno - così pure dal suo primogenito, Re Roberto - mantenendo nei feudi quasi tutti i favoriti dal padre - e rinnovando la serie dei baroni - conti ed altri feudatari, secondo la necessità.
Tra i conti, baroni e feudatarii del nostro regno , cui re Roberto impose di seguire il Duca di Calabria, suo figliuolo nella guerra di Toscana , troviamo il « Comes Ariani » che fu iscritto come ammaestrato nell’arte della guerra, in uno ad un gran numero di Conti, baroni e cavalieri provenzali e regnicoli ,anno 1325-1326 - in Registro Regis Roberti. Alla di lui morte raccolse l’eredità del regno la sua nipote Giovanna I. Circa il periodo di questa disgraziata regina ,come quello brevissimo del di lei successore Carlo III° di Durazzo, non è agevole riassumere. La fisionomia di questi tempi, la rileviamo dalla storia ,e conosciamo 1’ambiente storico in cui visse la nostra terra, in tutto il trecento. in quest’epoca feudale, la nostra terra fu partigiana degli angioini. Un’altra notizia relativa a questi tempi la rileviamo da Elio Marchese - Tra i feudatari napoletani, troviamo la famiglia Carbone di stirpe francese,padrone di molte terre, una delle prime per nobiltà, in Italia ,avorita da Carlo I di Angiò. Fra queste terre possedeva Montecalvo, ma ne fu spogliata, insieme alle altre dalla Regina Giovanna I - e l’autore ne ignora le cause - (Vedi Elio, De Carbonibus.)
- Scritto da Redazione
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Quel cappellano irpino a Cefalonia
«Dal grande balcone della casa nativa in Savignano Irpino, dove si era recato in convalescenza, dopo un invalidante attacco di paresi, padre Romualdo Formato rivedeva per l’ultima volta i colli e le montagne dell’Irpinia, sentiva il vento che sempre passa impetuoso su quella terra generosa, spaziava a perdita d’occhio su quell’orizzonte stupendo».
Erano le ore 17 del 24 ottobre del 1961, quando, rivolgendo un ultimo sguardo all’Irpinia, se ne andò in silenzio don Romualdo Formato. A lui, il cappellano militare, testimone del massacro nazista a Cefalonia l’Italia deve molto. Una storia drammatica, quella della Divisione Acqui, a cui un anonimo volle rendere omaggio in versi: «Ed il vento/entrò da l’ampia finestra/portando/il profumo della terra d’Irpinia/e col vento/ entrarono tutti i novemila di Cefalonia/e lo portarono/nella gloria, perché fu con loro/uno di loro./Il vento d’Irpinia/ripete ancora la sua parola,/ quando passa l’autunno/ e le foglie/hanno il colore di sangue,/il sole/ la luce dell’amore». Se ne andava
- Scritto da Dott.Antonio Stiscia
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Piazza Carmine anni 50 |
l 24 Dicembre 2005 è stato ripiantato l’Olmo di Piazza Carmine.A 50 anni dal suo abbattimento,si risana una ferita per troppo tempo aperta nel cuore dei cittadini.Certo,passeranno gli anni,i secoli sicuramente,per riavere la maestosità perduta,ma è un segnale positivo,un monito per tutti.Sarebbe stato opportuno dare giusto peso all’avvenimento, come ripiantare l’Olmo nella originaria collocazione,ma si sa gli alberi interessano solo quando si ricava legna da ardere.Fin quando non si ritornerà all’amore per la natura e dei simboli che la rappresentano,saremo sempre imperfetti e presuntuosi,incapaci di comprendere la nostra stessa esistenza.Forse non si accetta che un essere vivente,possa vivere più a lungo di noi,ma penso che è solo idiozia culturale. |