- Scritto da Redazione
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Le immagini del meraviglioso film di Pino Tordiglione, Teresa Manganiello, Sui Passi dell’Amore, si riflettevano nei occhi umidi di commozione di oltre 1100 spettatori presenti alla prima nazionale tenutasi al cinema San Marco di Benevento con un grande cast di attori.
Tanta gente ha sovraffollato il cinema beneventano, “non si vedeva così tanta gente dagli anni sessanta quando quel cinema ospitava grandi rassegne cinematografiche” così commenta qualche vecchio cinefilo di quel tempo.
Tordiglione è riuscito a far rivivere quelle emozioni, coniugando cinema e spettacolo insieme, un nuovo modo di comunicare e rievocare quel cinema buono e poetico. “E’ un film senza retorica, senza enfasi, una regia che esalta la bellezza e la bontà delle intenzioni. Si vede una mano sobria con costumi, ambientazioni e dialoghi precisi.
Leggi tutto: Il successo di Pino Tordiglione:Teresa Mahganiello, sui passi dell'amore
- Scritto da Alfonso Caccese
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La tarantella napoletana nacque a Napoli ai primi del ‘700. A quel tempo le coppie si conoscevano tramite le famiglie. L'amore tra i giovani era platonico. Era molto difficile avere dei contatti, potevano solo guardarsi e sorridersi.I genitori accorgendosi delle simpatie reciproche tra i loro figli organizzavano delle festicciole che finivano sempre a tarallucci e vino (queste erano le loro possibilità!). Sul finire delle festicciole c’era sempre la tarantella. Anche perché in quell’epoca nelle famiglie non mancava mai un mandolino e un tamburello. In seguito un grande maestro napoletano Raffaele Donnarumma musicò la prima tarantella. E man mano venne figurata con vari quadri che mascheravano dietro il ballo momenti in cui era possibile di guardarsi negli occhi o in viso, sentire i primi contatti fisici dove dalla stretta della mano stessa, si poteva capire l'intensità dell'amore che stava per nascere, fino ad abbracciarsi in girotondo facendo capire che la loro felicità in seguito si poteva trasfomare in amore.
- Scritto da Giovanni Bosco Maria Cavalletti
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Le janare sono figure caratteristiche della civiltà contadina. Nella tradizione, esse erano fattucchiere in grado di compiere malefici ed incantesimi, di preparare filtri magici e pozioni in grado di procurare aborti. Tuttavia non si conosceva l'identità delle janare: esse di giorno potevano condurre una esistenza tranquilla senza dare adito a sospetti. Di notte, però, dopo essersi cosparse le ascelle (secondo altri il petto) di un unguento magico, esse avevano la capacità di spiccare il volo lanciandosi nel vuoto a cavallo di una granata, cioè una scopa costruita con saggina essiccata. Nel momento del balzo, pronunciavano la frase: Sott'a l'acqua, sott'a 'r vient, sott'a la noc d' Bnvient - (sotto l'acqua e nel vento, sotto il noce di Benevento) (qualcuno ha avanzato l'ipotesi che il misterioso unguento fosse una sostanza allucinogena.In tal caso alcune delle storie fantastiche che si raccontano sarebbero nate dalle allucinazioni vissute delle persone che facevano uso di tale unguento). Si racconta anche che le janare preferissero radunarsi nelle sere di tempesta, quando il vento soffia impetuoso e la pioggia cade incessante, mentre le tenebre, squarciate dai lampi delle folgori, lasciavano scorgere le orripilanti sembianze di quelle donne demoniache che a cavallo delle loro scope, volavano in direzione del noce di Benevento.
- Scritto da Redazione
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Nacque a Cittanova, presso Reggio di Calabria, il 23 febbr. 1893 da Pasquale e Filomena Barbaro, di Palmi. Alle sue origini il G. diede sempre valore simbolico, tale da stabilire un legame tra sé e la cultura della Magna Grecia, come egli afferma nell'autobiografia (M. G., Roma 1957) che, nonostante l'approssimazione di molti dati, risulta di grande interesse per poter tracciare l'iter della sua formazione artistica e per seguire l'evoluzione del suo pensiero estetico. Trasferitosi a Palmi per frequentare il ginnasio, ebbe modo di ricevere una prima educazione pittorica presso lo studio di Domenico Augimeri, artista formatosi con Domenico Morelli e Filippo Palizzi. A sedici anni fu iscritto dal padre al liceo Galileo Galilei di Firenze; e il G. considerò sempre questo soggiorno fiorentino una tappa fondamentale per la sua formazione.Terminato il liceo si recò a Roma "per avere una conoscenza diretta della più antica classicità" (ibid., p. 9). Iscrittosi al corso di laurea in lettere, tentò, ma con esito negativo, l'esame di ammissione all'Accademia di belle arti. Entrò, invece, all'Accademia di Napoli dove ebbe come maestri Achille D'Orsi e Luigi De Luca. All'inizio della prima guerra mondiale risiedette ancora a Roma dove conobbe A. Rodin.
- Scritto da Angelo Siciliano
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- Scritto da Angelo Siciliano
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S. Pompilio Maria Pirrotti delle Scuole Pie, all’anagrafe Domenico Michele Giovan Battista Pirrotti, di origini nobili, sesto degli undici figli di Girolamo e Orsola Bozzuti, sacerdote e religioso dell’Ordine delle Scuole Pie, nasceva a Montecalvo Irpino (Av) il 29 settembre 1710 e moriva a Campi Salentina (Le) il 15 luglio 1766. Il 30 settembre 1710, nella Collegiata di S. Maria Assunta in Cielo, annessa al Palazzo ducale, era battezzato, col nome di Domenico. Ebbe come compare, rappresentato con delega dal padre nel neonato, l’Illustrissimo e Reverendissimo D. Carlo Pignatelli (L’Aquila 1676 - 1734), Vescovo di Minervino dal 1719 e figlio dell’Eccellentissimo D. Pompeo (1632 - 1705), 2° duca di Montecalvo, e come comare la Signora Anna Caggiano di Buonalbergo (Bn). Ordinato sacerdote dell’Ordine delle Scuole Pie, il 20 marzo 1734, fu docente a Brindisi, Ortona a Mare (Aq), Lanciano (Ch) e soprannominato “Apostolo degli Abruzzi”. Oltre che tra i migliori insegnanti dell’Istituto Scolopico in Italia, era educatore dei giovani per l’umano sapere, teologo, taumaturgo, mistico devoto del Sacro Cuore, dell’Eucaristia e della Madonna. Ma il fervore che metteva nella predicazione, gli creava dei nemici e nel 1747 era cacciato da Lanciano.
- Scritto da Angelo Siciliano
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Maria dei Duchi Pignatelli di Montecalvo diventò Madre Maria Angelica di Gesù. Fu Priora del Carmelo a Vetralla (Vt) e il libro, Il canto della speranza, di Sr. Maria Sabina dell’Eucarestia, O. Carm., ne racconta la vita e l’opera . Il castello e i Duchi Pignatelli di Montecalvo Irpino. Dei Duchi Pignatelli di Montecalvo Irpino, forse, la giovane generazione del paese non sa granché.Complice la fine della tradizione dei cunti, narrati dagli anziani ai bambini attorno al focolare, la memoria collettiva si è talmente immiserita da potersi considerare ormai perduta. Al castello di Montecalvo arrivava verso la metà di luglio del 1132, proveniente dalla Puglia, dove aveva sottomesso i baroni in rivolta, Ruggero II il normanno, re di Sicilia, Calabria e Puglia, deciso ad affrontare, col proprio esercito, i suoi nemici in territorio beneventano: il cognato Rainulfo d’Alife e Roberto II, principe di Capua. Nel 1496 si accampava attorno ad esso il re di Francia Carlo VIII per affrontare, in quella che si sarebbe chiamata “La battaglia di Montecalvo”, Ferdinando II d’Aragona, re di Napoli, nella sottostante Valle del Miscano tra Casalbore e Montecalvo. Ora, sul castello restaurato del paese, che verso il 1450 era stato anche dimora del duca Francesco Sforza prima di trasferirsi a Milano, è stato ricostruito, dopo i danni provocati dal grave terremoto del 1962 e l’abbandono e gli abbattimenti dopo quello del 1980, il Palazzo ducale, che fu la dimora dei Pignatelli fino al 1922. E i Pignatelli versavano in grave situazione finanziaria quando il capofamiglia, il duca Carlo Pignatelli, moriva a Montecalvo nel 1917 a seguito di polmonite.