Mio nonno diceva: “Impara l’arte e mettila da parte”. Ero bambino, ero piccolo, sono nato nel 1964, avevo 6 anni e la mia memoria mi porta al cultivar di una pianta che la mia famiglia, la famiglia Serafino, coltivava in questa terra e vendeva ai commercianti del luogo e alle diverse famiglie. Così, nel passato, le terre del Frascino, terra argillosa e molto forte, resistente alla scarsità di irrigazione, producevano un pomodoro chiamato “Li pummadore quarantino”, un pomodoro di pezzatura media (22, 24, 26), prodotto con seme autoriprodotto, perché è un pomodoro naturale storico riproducibile. Il seme si ricavava dalla stessa pianta, raccogliendo i migliori frutti di pomodoro rosso, dalle piante migliori, le più produttive e cariche di frutti nel primo impalcato, con la giusta pezzatura: rosse, sane e mature, provenienti dai primi grappoli di pomodori.

Dopo la raccolta, i frutti venivano selezionati, eliminando quelli difettosi e difformi allo standard. Successivamente, venivano schiacciati per fare fuoriuscire il seme, che veniva lavato e lasciato asciugare al sole per alcuni giorni. Poi veniva conservato in barattoli di vetro in un luogo asciutto. Così, nel mese di marzo, principalmente il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, si preparavano i semenzai, detti “rassicale”, lunghi 12-13 metri e larghi 1 metro. I semenzai venivano preparati con terriccio organico e letame, sul quale si distribuiva il seme con una tecnica particolare: si prendeva una moneta da 100 lire, si immergeva nel seme e tutto il seme che restava sopra veniva mescolato con sabbia di fiume o cenere e sparso su ogni metro quadrato del letto di semina. Dopo di che, con un piccolo setaccio chiamato “cirnicchiu”, si copriva con un po’ di terra sottile e si iniziava a irrigare, per poi coprire tutto con un telo di plastica. Dopo qualche giorno, il seme germogliava e cominciava a verdeggiare, insieme alle erbe spontanee che venivano prontamente estirpate per dar spazio alle piantine di pomodoro. Dopo circa quaranta giorni, le piantine erano pronte per essere trapiantate nei campi, a una distanza di 40 cm x 70 cm. Il trapianto avveniva a mano con il tradizionale “pizzùco”, uno strumento fatto dal contadino con rami di ulivo lavorati.

In questa valle, in queste aziende di Montecalvo Irpino, in particolare, la famiglia Serafino era produttore del pomodoro quarantino rosso. Tra i produttori principali c’erano Serafino Mario, Serafino Armando, Serafino Luigi, Schiavone Libera, mia madre, che era la conduttrice dell’azienda agricola di famiglia. I pomodori venivano poi venduti nel mercato limitrofo, un prodotto molto atteso, poiché il pomodoro quarantino era molto dolce grazie alla coltivazione in terreni argillosi e asciutti. Dopo la raccolta, il prodotto veniva portato al mercato dell’Hinterland, con il maggiore consumatore rappresentato dal mercato di Ariano Irpino. Ci furono grandi commercianti, il più noto dei quali era Vincenzo “Scaperrotta” (detto Vincenzo Menichella), che arrivava con il suo motocarro, vecchio e massiccio, con una ruota anteriore e due posteriori, e caricava circa 20-30 quintali di pomodori al giorno per portarli al mercato. C’erano anche Lorenzo De Furia (detto Renzo Vitone), Antonio Lorillo di Tre Santi, e Mario Popolo (detto Mario “Marcone”). Era un periodo in cui l’economia locale si basava su una piccola rete territoriale e diverse famiglie traevano reddito dal pomodoro quarantino. Tutti commerciavano il prodotto che questa terra produceva per il mercato.

Così, negli anni ’60, ’70, ’80 e ‘90, il pomodoro quarantino è stato il protagonista della storia di questo territorio, fino al giorno in cui avevamo così tanto pomodoro. Il progetto pomodoro è un vecchio progetto che porto avanti da anni. Mi ricordo che, con mia madre, avevamo due o tre tomoli coltivati a pomodoro nella località Orsillo, appena acquistata dalla famiglia Pizzillo. Avevo 12-13 anni e andavo a raccogliere i pomodori tutti i giorni per poi caricarli la sera. Poi, i tempi sono cambiati, è arrivata l’epoca dei pomodori ibridi, che avevano caratteristiche diverse. Così, il commercio e il consumo di questo pomodoro “quarantino” tradizionale, autoctono, adattato a questo territorio con le sue caratteristiche, è diventato una chicca di mercato.

Ricordo che gli agricoltori di Montecalvo avevano tanto pomodoro invenduto, così io e un gruppo di amici abbiamo organizzato la cooperativa “La Montecalvese”. Caricavamo i camion alla rinfusa con questo prodotto davanti al terrazzo di casa mia, dove ora sorgerà la casa vacanza rurale (Emanuele), un luogo ideale per apprezzare le bellezze territoriali e degustare i sapori e i prodotti dell’agriturismo Serafino Family. In quel terrazzo, raccoglievamo le sporte e le ceste di pomodoro e le travasavamo sui camion alla rinfusa, mandandole all’industria conserviera di Salerno. Le caratteristiche del prodotto rendevano difficile quest’attività, così abbiamo cominciato a diversificare e inserire un prodotto innovativo che, in breve tempo, ha conquistato posizioni importanti sia nel mercato industriale che in quello del fresco: il “pomodorino di collina Arsigno”. Dal pomodorino di collina è nato il “pomodorino Serafino”, che ha invaso questa terra.

Oggi possiamo dire, a 50 anni da quella memoria, che questo prodotto riparte con il cultivar che ci colpisce per tre aspetti. Il primo è la salsa di pomodoro, storicamente riproducibile al naturale, come nasce dalla natura, si trasforma, così come è esistito nel tempo e continuerà a esistere. Il secondo è il pomodoro acerbo settembrino, con il quale nasce una grande iniziativa in gemellaggio con l’amico Angelo Bisconti di Campi Salentina, pasticceria Obama, pasticciotto con la  marmellata di “pomodoro quarantino”. Questa è una chicca, una ricetta nata per caso, nel tentativo di trasformare il pomodoro che non si riusciva ad utilizzare. Non parliamo del rosso, ma dell’acerbo, del verde del “pomodoro quarantino piccolo”(settembrino). Il terzo aspetto riguarda il prodotto, acerbo del mese di settembre e ottobre, conservato sotto aceto e poi farcito con alici, olive e capperi, oppure affettato e condito con aromi naturali e conservato sott’olio, come i prodotti naturali.

Da qui nasce l’idea del pasticciotto: Angelo Bisconti di Campi Salentina (Lecce), pomodoro quarantino piccolo e Agriturismo Serafino Family di Montecalvo Irpino, legati da una storia di amicizia ventennale e da una cultura religiosa (San Pompilio Maria Pirrotti di Montecalvo Irpino, nato il 29 settembre 1710 e morto a Campi Salentina il 15 luglio 1766), insieme abbiamo dedicato alla Campania, alla Terra del pomodoro, questo dolce. Così nasce il “pomodotto”, un pasticciotto con marmellata di pomodoro quarantino piccolo, esclusivo della Valle del Miscano, che allieterà e delizierà i palati di questo territorio, di tutta Italia e degli italiani nel mondo. Con questa ricetta, Angelo Bisconti, nel ventunesimo secolo, porterà a casa vostra un dolce unico e originario che rappresenta la storia e l’arte di una tradizione territoriale.

Vi invitiamo a degustare il prodotto l’8 febbraio, durante la giornata di presentazione a Montecalvo Irpino, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale e le organizzazioni territoriali (Coldiretti, ConfAgricoltura, Acli, Cia, Comunità Montane, Provincia, Regione) e tutti gli agricoltori di questa terra, i rappresentanti della Valle del Miscano, i sindaci della Valle, per raccogliere questa innovativa proposta territoriale, che segnerà un nuovo tempo per questa nuova generazione. Un tempo di nuove opportunità, dove la storia si trasforma in arte e segna il passo per il futuro con questo cultivar di pomodoro quarantino piccolo,la marmellata di pomodoro quarantino, un’eccellenza che stimolerà le papille gustative di questa terra. Grazie per l’attenzione, un grazie ad Angelo Bisconti per il tempo che ha dedicato a questa terra, e un grazie a tutti voi per aver dato attenzione e apprezzato questo grande prodotto. Grazie e buona degustazione.
Nicola Serafino

I visitatori dal 30/11/2002 fino ad oggi sono:

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