La miracolosa Statua della Madonna della Libera, che si venera nella stessa Chiesa è così fatta, specialmente nella scultura della testa e nel maestoso atteggiamento, che non si può vedere cosa di questa più perfetta: motivo che insinua della gran maraviglia e devozione a’ spettatori…”.
Nella Chiesa, quella bella e miracolosa statua lignea, di cui parla Padre Isabelli, si conserva ancora oggi.
Nell’autunno del 1998 è stata recuperata dal degrado cui era ridotta e restaurata da un fine artista, professore presso un Istituto d’Arte della Val Gardena, per interessamento del dottor Luigi D’Addona che, in quella istituzione scolastica, svolge funzioni ispettive per conto del MIUR.
Dal 1944, per parecchi anni, fino a quando la protagonista ne ha avuto le forze, in questa chiesa si è rispettata una tradizione. Il giorno della festa della Madonna della Libera, l’ultima domenica di settembre, un’ artista napoletana, l’ottimo soprano distinta signora Bianca Clemenzo, consorte dell’avvocato Ottone De Donato, per un voto di ringraziamento per scampato pericolo, fatto alla Madonna montecalvese nel 1943, nella Messa solenne di quel dì, ha sempre cantato la famosa Ave Maria di Charles Gounod.
La statua lignea della Vergine (Santa Maria Liberatrice),probabilmente del XIV-XV secolo,di provenienza Toscana e/o marchigiana,è un vero unicum nella iconografia medioevale.
Di statura regolare, è rappresentata nell’atto di protendere le mani per diffondere più che preservare,con le mani al centro del cui palmo sono ben visibili le croci rosse a 8 punte dei Templari (Croce delle 8 beatitudini).
Una statua ricchissima di simboli e un concentrato di fede straordinaria.
La Vergine è incinta,con i ricci capelli scuri che le adornano il viso finissimo e aggraziato,un po’ paffuto dalla gravidanza e ben evidenziato dal gonfiore delle gote e dalla leggera prominenza del sottomento.
Lo sguardo dolcissimo e una luce negli occhi,tipico delle donne incinte,è rappresentato con maestria dall’ignoto scultore,che ha ben evidenziato un innaturale rossore alle gote, tipico delle donne in stato interessante,avvolte da un pallore perenne contrastato con l’ausilio di un colorito artificiale,a cui non si sottraevano,certamente,le donne di tutte le epoche e nemmeno le ebree.
Il Mantello,originariamente di colore blu,tipico delle statue del 3 e 4cento,sembra posizionato nell’unico modo possibile ad una ragazza che mostra con orgoglio e con riservatezza la sua imminente ed evidente maternità.
La Madonna sembra al 7 mese,numero del Cristo,prima di passare all’8 numero legato alla madre di Dio e al tempio e infine al 9 che segna il tempo del parto e che però è anche il numero proprio dei Templari.
Sul petto della vergine è riprodotta la croce patente dei Templari,racchiusa in un cerchio,retaggio della iconografia bizantina ,a rappresentare la presenza del Cristo nel suo ventre.
La veste damascata è sorretta da una cintura(in-cinta) tipica delle donne ebree e annodata sul davanti a mo di fiocco con il Nodo di Salomone,di facile apertura,a dimostrare la discendenza divina e la continuità storica del Salvatore,con il popolo di Israele.
La tradizione storica montecalvese,ricorda che la statua della Vergine fu trovata miracolosamente in quel di Corsano nell’anno 1630 e in concomitanza della Peste,di manzoniana memoria e che l’evento,con conseguente processione devozionale,abbia “liberato” montecalvo dal gravissimo flagello:”Libera nos a malo”.
Molto probabilmente le cose sono andate in modo diverso,ritenendo che, effettivamente la statua era “custodita” presso il Convento di San Giovanni Battista in Corsano,appartenuto ai templari e di poi agli Agostiniani ,quale icona templare e perciò soggetta a distruzione,(Il Concilio di Trento (XVI sec) vietava di conservare immagini sacre non rispondenti ai canoni ,come la vergine incinta,quindi da distruggere).
La distruzione della statua grazie a Dio non avvenne, forse per la particolare bellezza della sacra icona o soprattutto per il recondito significato, la sacrale simbologia di riferimento e la documentata presenza di Cavalieri Gerosolimitani nei secoli successivi e nelle più importanti famiglie montecalvesi, imparentate e legate alle più potenti famiglie regnanti d’Europa.
Il miracolo vero o no che fosse,abbinato ad un evento eccezionale,consentì il recupero di una immagine sacra di eccezionale fattura e bellezza,a cui il tempo aveva ridato una nuova funzionalità,conservando però,almeno in parte,le straordinarie simbologie originarie.
Da oltre 3 secoli una delle opere d’arte e di fede più importanti del basso medioevo,illumina la Chiesa del Carmine di Montecalvo Irpino,conforto delle gestanti e rifugio delle partorienti.
Molte donne hanno avuto la gioia della maternità,grazie alla sua intercessione e la tradizione vuole che una principessa di casa Borbone ne ha testimoniato la potente intercessione con il dono di quel prezioso medaglione aureo che campeggia maestoso e centrale sul manto d’oro e che rappresenta la gloria della madre celeste nello splendore dei cieli.
Montecalvo Irpino 26 Settembre 2009
Antonio Stiscia
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