A fine Ottocento , ormai il Convento dei PP.Liguorini , era diventato una realtà molto attiva e protagonista nel contesto socio- religioso della città. Un momento particolarmente importante si ebbe comunque quando alla guida della comunità  venne designato padre Domenico De Marco, un irpino di Montecalvo.Padre Domenico de Marco (Domenico Ascanio Michele) nacque a Montecalvo irpino il 23 gennaio nel 1841 da “ nobile, ricca e pia famiglia”.[1] I genitori erano Giovan Battista De Marco Notaio e Maria Michela Elisabetta Capozzi. Dopo aver compiuto i primi studi nel seminario di Nusco, entrò nella congregazione dei Redentoristi dove fu ordinato sacerdote nel 1863. Insegnò nei Collegi di Troia (FG) e Torremaggiore (FG) e, alla morte di Padre Lanzetta (30 ottobre 1888), fu trasferito ad Avellino, per insegnare filosofia. Profondo conoscitore delle opere di S. Tommaso, S. Agostino e S.Alfonso ,

fu molto apprezzato per la sua dottrina:  con lui amavano confrontarsi insigni prelati e dotti filosofi. Ad Avellino padre De Marco rimase più di vent’anni, fino alla morte avvenuta il 10 giugno 1914. Egli lasciò una impronta duratura nella comunità , dapprima come insegnante e poi, come Superiore, dal 1900 fino alla morte. Agli inizi del Novecento, la chiesa del complesso monastico era , nelle linee essenziali, ancora quella costruita da Mons. Adinolfi nel 1842. Essa era stata opportunamente ristrutturata, ma certamente non era più adeguata ad accogliere un flusso di fedeli che aumentava costantemente. Padre De Marco si fece interprete di queste esigenze e concepì l’idea di edificarne una nuova , inglobando l’antica cappella  nel rispetto del  primo benefattore. Il progetto venne condiviso dai superiori , che si prodigarono per reperire i fondi. Nè venne a mancare l’aiuto di amici del De Marco, quali l’arcivescovo di Amalfi Enrico de Dominicis, che contribuì in maniera piuttosto consistente[2]. L’esecuzione dei lavori venne affidata all’ingegnere Domenico Mazzei[3], su disegni concepiti dallo stesso padre de Marco:” La simmetria del disegno , la vaghezza della decorazione , la proprietà e il compimento di ogni cosa, e l’aura mistica e silenziosa, tutto é dovuto al P.De Marco”.  I lavori vennero completati nel 1909. Il 15 settembre  (XV KAL Octob.) il vescovo Giuseppe Padula consacrava solennemente la “Chiesa dedicata al Redentore, in onore della Vergine Addolorata e di S. Alfonso”. Una “foto di gruppo” con al centro il vescovo Padula e padre de Marco, circondati da altre dignità dell’ordine, studenti e frati laici, immortalò il solenne avvenimento.   La chiesa , che nella condizione originaria non aveva il porticato che copre il sagrato (costruito più tardi),  appariva notevolmente slanciata . La facciata , in mattoncini rossi “a vista”, era scandita da un “Rosone” all’altezza dei tetti, più giù, un finestrone con arco a sesto acuto e quindi il portone d’ingresso. L’unica navata era illuminata da ”Rosoni e Finestroni” , decorati con artistiche vetrate colorate  che riproducevano soggetti religiosi. Il soffitto e le pareti laterali si “intrecciavano” in una armonica combinazione di archi a sesto acuto decorati con stucchi . Gli archi del soffitto “poggiavano” su capitelli sorretti da colonne adese alle pareti  laterali . Entrando in chiesa , a destra e sinistra dell’ingresso c’erano due “eleganti” lapidi marmoree, costruite nello stesso stile, che ricordavano “momenti” della fondazione della chiesa : in particolare , quella a sinistra  il contributo dell’arcivescovo de Dominicis per la realizzazione dell’opera, l’altra , con lo stemma dei Redentoristi,  il giorno della consacrazione. Sull’ingresso insisteva la Cantoria dove alloggiava l’organo. In “capite navis” c’era l’altare maggiore , circoscritto da una balaustra in marmo ed illuminato da tre “Rosoni”  e due “Finestroni”,che, decorati con artistiche vetrate colorate, producevano un suggestivo effetto di luci. Fra i due finestroni c’era una nicchia con la statua del “Cuore di Gesù”.  A sinistra c’era l’ingresso alla sacrestia. Poco oltre la balaustra che circoscriveva l’altare maggiore, sulla sinistra, c’era un singolare pulpito in legno, che nella parte inferiore veniva utilizzato come confessionale. Lungo le pareti laterali c’erano due altari: a sinistra quello dedicato a S. Alfonso e a destra quello dell’Addolorata , che ricordava la “Cappella Adinolfi”. Presso l’altare di S. Alfonso c’erano i simulacri di S. Clemente Hofbauer (Austria 1751-1820) e S.Gerardo Maiella (1726-1755) , entrambi “Campioni” della Congregazione dei Redentoristi .Oltre all’immancabile “reliquia” di S. Alfonso, Padre de Marco dotò la chiesa delle sacre reliquie di S. Caterina e S. Valerio, a cui si aggiunsero, dopo, quelle del Beato Felice[4] .

[1] La famiglia De Marco è documentata a Montecalvo già nel secolo XVI. Molti personaggi di questa famiglia occuparono posti di rilievo nella vita amministrativa e religiosa della comunità (Cfr. G.B.M. CAVALLETTI e G. LO CASALE, Fonti per la Storia di Montecalvo Irpino, (2 voll), 1985, vol.I, pag.151) 

[2] Vedi lapide posta a sinistra dell’ingresso principale.

[3] Cfr. Corriere dell’Irpinia , 11 aprile 1959

[4] Il Beato Felice da Cursiani (sic) era un monaco agostiniano vissuto nel sec. XV, che predicava un ritorno al monachesimo delle origini. Le reliquie del Beato Felice, contenute in una cassetta di legno, dopo vari “passaggi” e vicissitudini, furono trasportate da Roma ad Avellino dal padre Redentorista Giovanni Palmieri.

 

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