Nella notte tra lunedì 2 e martedì 3 ottobre 1989, in un rione di Taranto, sotto la casa dove abitava, fu trovato, assassinato, il corpo di Giovanbattista Tedesco, appartenente all’Arma dei Carabinieri. Svolgeva servizio, come capo della vigilanza, all’ITALSIDER, dove allora lavoravano 12.000 persone.
Fu soppresso perché non aveva voluto sottostare alle imposizioni della Sacra Corona Unita che, alle acciaierie di Taranto, la facevano da padrone, come riportato nella Relazione della Commissione Antimafia, presieduta da Gerardo Chiaramonte, e stilata dal giudice Luciano Violante.
All’Italsider, cioè allo Stato, sempre stralciando dalla citata Relazione, si rubava in quattro modi: con le sottofatturazioni delle tonnellate di acciaio che uscivano dallo stabilimento; con i materiali di scarto – e non – che venivano portati alle discariche dove erano pronti i camion dei mafiosi a ritirarli; con le denunce per furti, circa 2 miliardi (dell’epoca) al mese, alle compagnie assicuratrici, beneficiando del relativo risarcimento; con il Bilancio aziendale costantemente in perdita e il relativo intervento dei finanziamenti statali per il ripiano.
Giovanbattista Tedesco, persona onesta e sincera, inebriato dagli apprezzamenti dei dirigenti ai quali riferiva il suo operato e gratificato dai modesti aumenti salariali per i successi conseguiti sul lavoro, denunciò il sistema e pagò con la vita la sua onestà.L’uccisione di Giovanbattista Tedesco, vigilante all’Italsider di Taranto, è un ricordo ancora vivo nelle menti bambine dei compagni di scuola di Alessandro, il figlio di Giovanbattista. Alessandro, Filly e Marilisa avevano 8 anni quando il 2 ottobre del 1989 la morte di Giovanbattista investì non solo una famiglia ma una intera comunità. Persino il papa, Giovanni Paolo II, volle incontrare Alessandro e sua mamma Teresa durante una visita nel capoluogo jonico.
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