"Speriamo di completare i lavori in un anno"
Avellino Today ha intervistato l'architetto Modestino Picariello: ecco tutte le operazioni di restauro che caratterizzeranno la struttura. La Diocesi di Avellino, presieduta dal vescovo Mons. Arturo Aiello, ha acquisito la Chiesa dei Liguorini, uno dei patrimoni della città lasciato al degrado e all'incuria del tempo e degli uomini ormai da troppi anni. Costruiti nella seconda metà del Settecento sulla collina liguorini in onore di Sant'Alfonso Maria de Liguori, il complesso della chiesa e del convento dei Redentoristi furono gravemente danneggiati dal terremoto del 1980. Dopo la ristrutturazione, la struttura non è stata più riaperta perdendo la sua centralità per la comunità religiosa di San Tommaso e Collina Liguorini. Avellino Today ha intervistato l'architetto Modestino Picariello. (art.19 ottobre 2020 ).
La Diocesi di Avellino ha acquisito la Chiesa dei Liguorini, finalmente Avellino potrà riappropriarsi di un pezzo della sua storia?
"Innanzitutto un grande grazie all'Ente Provincia Napoletana Congregazione Santissimo Redentore con sede in Pagani (SA), perché alla Diocesi di Avellino la chiesa è stata donata e precisamente la Chiesa del SS. Redentore e dell'intero sagrato e le strutture che insistono sul sagrato e che sono alla destra della chiesa (ex asilo). La Diocesi da parte sua si impegna ad acquisire una parte del terreno (circa 5.000 mq) per l'edificazione dei locali di ministero pastorale della nuova parrocchia".
L'Arch. Picariello ci espone un breve cenno storico: "A fine Settecento, un ampio territorio della collina che oggi identifichiamo sotto il nome Liguorini, proprio per la presenza del convento dei padri, apparteneva alla famiglia Adinolfi, che, originaria di Cava dei Tirreni (SA), si era trasferita ad Avellino verso la metà del secolo XVIII. Andrea, il capostipite del “ramo avellinese”, era un uomo timorato di Dio e particolarmente devoto alla figura carismatica di S. Alfonso dei Liguori, che aveva avuto modo di conoscere da bambino. Andrea, che acquistò nel 1789 il “fondo ai Palumbi”, ebbe tre figli maschi e tre femmine. Di questi sei figli, Michele e Carmine, entrati a far parte del Capitolo della Cattedrale, ebbero un ruolo attivo ed importante nella vita sociale e religiosa della nostra città. Il 4 novembre del 1854, alla cattedra di Nusco veniva designato proprio Michele Adinolfi. Nell’aprile del 1860 Michele rivelò ai fratelli il “segreto” disegno di destinare una parte del patrimonio all’istituzione di un monastero da affidare alle cure dei PP. Redentoristi. A quei tempi vi era solo una piccola chiesa dedicata alla SS. Vergine Addolorata, a cui la famiglia mostrava una “singolare devozione”. Mons. Adinolfi morì il 18 dicembre del 1874. Poco dopo, nel gennaio del 1875 moriva anche suo fratello Trifone. Il peso delle “ultime volontà” dei fratelli ricadde quindi sulle spalle di Don Carmine, il quale nei primi mesi del 1880 presenta a mons. Gallo il programma di fondazione della comunità monastica. Il vescovo l’approvò, per cui la nuova istituzione poteva dirsi “canonicamente formata”.
"Per accogliere i primi ospiti era necessario comunque ristrutturare adeguatamente la Casina e la Chiesa. Don Carmine si spense nel 1890, con la gioia di aver visto realizzato il sogno a cui aveva dedicato tutto se stesso. Finalmente il 12 settembre del 1881, in forma privata, alla presenza del vescovo e di alcuni canonici, venivano ufficialmente accolti i primi padri Redentoristi".
"La nuova chiesa di “S.Alfonso dei Liguori”. Agli inizi del Novecento, la chiesa del complesso monastico era, nelle linee essenziali, ancora quella costruita da Mons. Adinolfi nel 1842. Essa era stata opportunamente ristrutturata, ma certamente non era più adeguata ad accogliere un flusso di fedeli che aumentava costantemente. Padre De Marco si fece interprete di queste esigenze e concepì l’idea di edificarne una nuova, inglobando l’antica cappella nel rispetto del primo benefattore. Il progetto venne condiviso dai superiori, che si prodigarono per reperire i fondi. Né venne a mancare l’aiuto di amici del De Marco, quali l’arcivescovo di Amalfi Enrico de Dominicis, che contribuì in maniera piuttosto consistente. L’esecuzione dei lavori venne affidata all’ingegnere Domenico Mazzei, su disegni concepiti dallo stesso padre de Marco:” La simmetria del disegno, la vaghezza della decorazione , la proprietà e il compimento di ogni cosa, e l’aura mistica e silenziosa, tutto è dovuto al P. De Marco”. I lavori vennero completati nel 1909. Il 15 settembre (XV KAL Octob.) il vescovo Giuseppe Padula consacrava solennemente la “Chiesa dedicata al Redentore, in onore della Vergine Addolorata e di S. Alfonso”.
Quali sono le principali operazioni di restauro che caratterizzeranno la struttura?
"Il progetto, a firma dell’architetto Marino Nardiello prevede le seguenti operazioni: il restauro di tutte le facciate e la revisione delle coperture esterne. All'interno, invece, occorrerà innanzitutto la messa in sicurezza, mediante bendaggio di sostegno, di tutte le parti che manifestano pericolo di distacco o caduta. Un accurato restauro delle superfici decorate e l’integrazione plastica delle parti mancanti di stucco del modellato che impedisce l’unità di lettura dell’opera. Tale operazione vedrà l’utilizzo di malte opportune per colorazione e granulometria oltre che all’esecuzione di calchi in silicone con le conseguenti copie in gesso. Infine a termine di tutte le operazioni sopra descritte, si provvederà alla protezione delle superfici. Tutti gli elementi lapidei devono essere restaurati e riproposti, non esiste nessun luogo liturgico idoneo ed utilizzabile. Si dovrà ripristinare tutta l’impiantistica: idrica, termica ed elettrica. Il pavimento della Chiesa, praticamente andato perduto, dovrà essere sostituito, le vetrate istoriate dovranno essere riparate ed integrate nelle parti mancanti. Si dovranno riorganizzare gli ambienti delle pertinenze, sagrestia, ufficio del parroco e servizi. Locali di ministero e casa canonica si punta a realizzarli di nuova costruzione, ma questo al momento è prematuro".
Quanto tempo occorrerà, secondo lei, per poterla vedere finita?
"È stata presentata la S.C.I.A. condizionata il 18 agosto, la diocesi è in attesa degli ultimi permessi. I lavori, alla sola chiesa, precisa il direttore dell’Ufficio Beni Culturali, don Antonio Romano, inizieranno subito dopo la pulizia del piazzale e l’allestimento del cantiere, sotto la direzione dall’architetto Modestino Picariello; gli stessi saranno eseguiti dalla ditta Di.Gi. Lavori S.R.L. e dalla Pheliana srl di Martino del Mastro; e si spera di terminarli entro un anno. Per il resto in questo momento tutti i programmi potrebbero essere privi di fondamento, quindi non se ne fanno".
In un momento difficile come quello che stiamo vivendo adesso, sicuramente, poter riavere la Chiesa dei Liguorini, per Avellino, rappresenta anche un importante messaggio di speranza?
"Il progetto parte da lontano, si inizia a concretizzare nell’ottobre 2016 quando l’allora vescovo di Avellino, mons. Francesco Marino, vedendo vicino l’accordo con i Padri, allo scopo di assicurare una più adeguata cura pastorale ai dimoranti della zona, attraverso la costituzione di una comunità stabile, erige la nuova parrocchia del Gesù Redentore".
"Al Vescovo di Avellino, mons Arturo Aiello, che ha fortemente voluto il recupero di questo complesso, e che il 19 ottobre 2020 ha ottenuto il parere favorevole del Consiglio Generale dei padri Redentoristi, lo attende la grande e difficile sfida non solo di restaurare un complesso parrocchiale ma di recuperare una comunità".
"Il vescovo Aiello crede in quest’opera, e l’impegno che sta mettendo in questo progetto, deve certamente essere inteso come un segnale di speranza, ma anche e soprattutto come un messaggio di amore, come un abbraccio del padre che si ricongiunge con un suo figlio smarrito, perché il recupero non è solo di un edificio storico-artistico e della sua storia, ma della comunità fatta di uomini, donne, bambini, adulti, anziani bisognosi, malati, insomma di persone".
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