Una frequentazione stabile della zona fin dall'età romana è attestata dal rinvenimento di strutture murarie riferibili ad una villa rustica in località Tressanti (sul confine con Ariano Irpino), nonché dal materiale archeologico proveniente da necropoli ed aree segnalate in varie altre località del territorio comunale.[10] La prima notizia storica di Montecalvo è contenuta in un documento del 1096, in cui si fa riferimento all'invio di circa sessanta armati di quella zona nella spedizione in Terrasanta voluta da Guglielmo il Buono.[10] La cronaca di Alessandro Telesino ricorda che nel 1137 re Ruggero II, sovrano normanno in guerra con il conte di Avellino, si accampò ai piedi del castello di Montecalvo.[11] Nel Catalogo dei baroni risulta che la prima famiglia feudataria fu quella dei Potofranco. In seguito alle distruzioni provocate dalle truppe di Manfredi di Svevia, il feudo venne concesso dapprima al nobile Matteo Diletto (1276) e poi donato dal re Carlo I d'Angiò al salernitano Giovanni Mansella.[12]
Dalla fine del 1300 Montecalvo seguì le vicende della contea di Ariano, alla quale rimase aggregata durante i governi dei de Sabran, degli Sforza e dei Guevara. Il violento terremoto del 1456 determinò lo sprofondamento di parte del centro abitato (probabilmente nel Fosso Palumbo) e la successiva espansione urbana fuori dalle mura, che non furono più ricostruite. Nel 1486 il feudo passò sotto il diretto governo della Regia Corte e otto anni più tardi fu venduto, assieme ai feudi di Corsano e Pietrapiccola, dal re Alfonso II d'Aragona a Ettore Pignatelli, duca di Monteleone e viceré di Sicilia. Costui gestì le rendite provenienti dal territorio fino al 1501, anno in cui il paese fu venduto ad Alberico Carafa primo duca di Ariano.[12]
Durante la breve dominazione francese, che ebbe inizio nello stesso anno 1501, signore di Montecalvo fu Pietro del Rohan, maresciallo di Francia e fedelissimo di re Ludovico. Ristabilito il potere spagnolo, re Ferdinando il Cattolico restaurò il ducato arianese che, con Montecalvo, tornò in possesso di Alberico Carafa. Nel 1505 Montecalvo fu donata da questi al figlio secondogenito Sigismondo, che nel 1525 ne fu nominato conte.[12]
Per quasi un secolo i Carafa amministrarono la contea di Montecalvo, fino a quando, nel 1594, fu acquistata da Carlo Gagliardi, che nel 1611 si fregiò del titolo di duca. Alla sua morte, nel 1624, il ducato tornò alla famiglia Pignatelli, a cui appartenne fino al 1806, anno dell'abolizione dei diritti feudali nell'Italia meridionale.[12]
In epoca borbonica Montecalvo fu uno dei centri più attivi della Carboneria in Irpinia. In occasione dei moti costituzionali del 1820-1821 da Montecalvo infatti partirono numerosi volontari che combatterono contro gli austriaci nella battaglia di Antrodoco, sotto il comando di Guglielmo Pepe.[13]
All'epoca del regno delle Due Sicilie il comune era capoluogo di circondario (con giurisdizione sui comuni di Casalbore e Sant'Arcangelo Trimonte) nell'ambito del distretto di Ariano. Successivamente, in epoca post-unitaria, Montecalvo fu invece capoluogo di mandamento (con giurisdizione sugli stessi due comuni) nell'ambito del circondario di Ariano di Puglia.
Nei primi decenni del XX secolo a Montecalvo Irpino trovarono ampia diffusione gli ideali socialisti tra intellettuali e braccianti, in lotta per ottenere migliori condizioni di vita. Anche durante il Ventennio infatti rimase attivo l'antifascismo, soprattutto ad opera di esponenti storici del socialismo locale, quali il farmacista Pietro Cristino e i confinati politici provenienti da altre regioni (come il comunista Concetto Lo Presti).[14][15] Nel 1944 fu fondata la locale sezione del Partito Comunista Italiano, intitolata a Giuseppe Cristino (volontario caduto nella Guerra civile spagnola combattendo nelle Brigate Internazionali).[14][15] Nel 1946 l'alleanza tra socialisti e comunisti, sancita dalla creazione della lista frontista de "La Spiga", riuscì a vincere le prime elezioni amministrative del dopoguerra, eleggendo come sindaco il socialista Pietro Cristino. In occasione del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 Montecalvo Irpino fu uno dei 14 comuni della provincia di Avellino in cui vinse la Repubblica, e tra di essi fu quello in cui la Repubblica ottenne la maggiore percentuale di voti (62%).[16]
Nel corso dei secoli il paese è stato flagellato da diversi terremoti. In particolare il sisma del 1688 e quello del 1962 hanno distrutto diverse chiese, causato gravi danni al palazzo ducale e alla chiesa di Santa Maria Assunta, di cui nel 1981 fu anche abbattuto il campanile.[12]
MILANU E MUNTICALIVU*
Tra Milànu e Munticàlivu, pare ca ‘n ci sta nisciùn’agganciu, ‘nd’à questa nazione ca téne la capu ‘nd’à lu jàcciu e li piedi ‘nd’à lu furnu. Eppùru, tanta sèculi fàni, èrnu quiddri di lu Nord a scénne pi cquà bbàsciu e nun zi sape s’era pi li ffémmine belle di lu Sud o pi li rricchézze. Ma già ‘ntannu, cócchidùnu sagliéva ‘ncòppa: don Francìscu Sforza, fiudatàriju puru di Munticàlivu, sta scrìttu ch’arrivintàvu, a lu Millecquattuciéntucinquànta, nientiménu ca duca di Milànu! Mo’ jà lu Sud ca sagli’a Nnord. Fòrze pàrtunu tutti li nipùti di quiddri ca ci cunquistàrnu. Quannu cócche giuvinòttu torna a lu paese cu na màchina fiammante e ppo’ si vén’a ssapéni, ca li ssigarètt si l’accàtta ancora cu li soldi di la mamma, dìciunu ca ìddru ‘nn’ha ghjùtu a Mmilàn’a ffatijàni, ma a ttagliàni l’ógna di li cani.
* Poesia di Angelo Siciliano tratta da Lo zio d’America, edito dall’editore Menna ad Avellino nel 1988. La storia s’impasta con fatti di costume e con l’attualità. Il tutto stemperato da qualche dose d’ironia.
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MILANO E MONTECALVO
Tra Milano e Montecalvo, pare che non vi sia alcun legame, in questa nazione che ha la testa nel ghiaccio e i piedi nel forno. Eppure, tanti secoli fa, erano quelli del Nord a scendere quaggiù e non si sa se fosse per le donne belle del Sud o per le ricchezze. Ma già allora, qualcuno saliva su: don Francesco Sforza, feudatario pure di Montecalvo, è scritto che diventò, nel 1450, nientemeno che duca di Milano! Ora è il Sud che sale al Nord. Forse partono tutti i pronipoti di coloro che ci conquistarono. Quando qualche giovanotto torna in paese con un’auto fiammante e poi si viene a scoprire, che le sigarette le compera ancora con i soldi della mamma, dicono che lui non è andato a Milano a lavorare, ma a tagliare le unghie dei cani.
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