Nel Paese dell'eterna primavera Antonio Pizzillo ha scelto di passare le stagioni della sua vita. In Guatemala è finito per un inciampo del caso, e per amore della moglie Celia. Per lavoro ha girato mezzo mondo.
Nella metà degli anni sessanta, durante un viaggio, incontra quella ragazza dal sangue misto, figlia di un italiano e di una panamense, che cambierà il percorso della sua esistenza.
Con lei progetta il suo futuro in una terra esotica e ancora ignota. La parabola di un uomo che si è fatto da solo, e che ha fatto e rifatto il piccolo Stato dell'istmo, inizia però lontano da qui, in una contrada di Montecalvo irpino.
Antonio ha tredici anni, e le idee già chiare, quando va via di casa e saluta mamma Rosa promettendole di tornare presto e con tanti soldi.
Papà Filippo, agiato proprietario terriero e valoroso soldato al fronte, è stupito dal coraggio di quel primo figlio che non ha visto crescere, ma non si oppone e lo lascia andare. A quel tempo la terra rendeva poco, meglio il mare: e così Antonio partì
marinaio su una nave per nove lunghi anni. Seguì il congedo dalla Marina italiana, e di nuovo le faticose trasferte su terraferma come tecnico specializzato per conto dell'Italsider, prima a Genova e a Taranto, poi in Africa per la Snam. Antonio riprese a viaggiare come un nomade fino al giorno dell'incontro fatale con la fascinosa studentessa che lo ha condotto alla scoperta e alla conquista del Guatemala. Il paese delle meraviglie presto fu scosso e rivoltato da sanguinari e spregiudicati dittatori che hanno ridotto la popolazione alla miseria, ma per fortuna non Antonio Pizzillo che è riuscito comunque a realizzare la sua sconfinata opera imprenditoriale. I progetti in cantiere per un nuovo e dinamico Guatemala gli hanno salvato la vita, e lo hanno messo al riparo dai pericoli e dai regimi che pure si sono susseguiti negli ultimi decenni nello Stato amerindo. Lui pertanto, in mezzo alle turbolenze, ha tirato sù villaggi residenziali sulla costa del Pacifico, e li ha battezzati con i nomi di Montecalvo, Buonalbergo, Casalbore. I paesi della sua infanzia, della sua valle, quella del Miscano, che pure ha picchi e crinali morbidi come le sagome degli altipiani latinoamericani. E ancora Pizzillo ha creato una grande scuola privata nella zona residenziale di Ciudad de Guatemala, la capitale del Paese, gestita dalla consorte e dal figlio Alessandro, e centri di distribuzione commerciale, motel, aziende: in una sola parola ha dato lavoro a centinaia e centinaia di guatemaltechi. «Mi ritengo certo un fortunato - sostiene Pizzillo, imprenditore simpatico e vulcanico - ma ho sempre lavorato moltissimo per ottenere risultati gratificanti. Non mi reputo un ricco e ozioso milionario, piuttosto un onesto e infaticabile operaio. La fortuna poi va inseguita e coltivata, specie in un Paese come il Guatemala che ha avuto alterne fortune sociali e politiche». Mentre lo Stato faceva i conti col suo passato e ritrovava la sua giusta forma di governo Antonio Pizzillo produceva, e continua a produrre, ricchezza per sè e per tanti indios che lavorano alle sue dipendenze. BARBARA CIARCIA 20/01/2008
Ogni anno torna a Montecalvo per riabbracciare mamma Rosa
«Con le sue attività dà lavoro a tanti giovani del posto»
Montecalvo. La storia della famiglia Pizzillo scorre tra le dita della signora Fiorella, settima e ultima figlia di Filippo e Rosa, che sfogliano gli album fotografici e i ricordi di una generazione in bianco e nero. Lei è nata vent'anni dopo Antonio, il fratello maggiore andato via di casa che era soltanto un ragazzino, eppure parla di lui come se non fosse mai partito, come se fosse rimasto sempre qui, a Montecalvo. Invece con Antonio che dal 1967 vive in Guatemala sono poi emigrati, uno alla volta, anche gli altri fratelli. Solo Fiorella non ha lasciato il paese e mamma Rosa, che ha quasi novant'anni, e vive ancora nella casa di campagna dove con l'aiuto di papà Filippo, deceduto nell'82, ha allevato la numerosa prole. «L'affetto che mi lega ad Antonio è indescrivibile - ha esclamato la più piccola dei Pizzillo - E pensare che tra me e lui c'è una notevole differenza d'età, eppoi è stato sempre in giro, sempre in viaggio, eppure il nostro rapporto è così affettuoso e saldo. Provo una sincera ammirazione per la tenacia che ha. Mette l'anima in tutto quello che fa». Hanno gli stessi occhi, gli stessi lineamenti, Fiorella e Antonio, che sono poi quelli ereditati dalla signora Rosa che in Guatemala è stata ben cinque volte. Anche lo spirito avventuriero è lo stesso. «Tra tutti i figli che ho - ha affermato la matriarca dei Pizzillo - Antonio è sicuramente quello più legato a me. È un mammone. Mi ha detto che d'ora in poi tornerà spesso al paese perchè vuole stare più tempo vicino alla sua mamma. Un modo per aggirare le distanze e recuperare quel tempo trascorso in fretta, e altrove, in un posto tanto lontano che si fatica pure a trovare su una mappa geografica tanto è piccolo e nascosto in quella sottile lingua di terra che unisce i due continenti americani». E lì che il costruttore Antonio Pizzillo risiede dal giorno del matrimonio con la signora Celia Oliveiro, madre dei suoi due figli, Fabrizio e Alessandro. Quando sfiora le foto di quelle nozze esotiche e solitarie gli occhi chiari di Fiorella si rigano di lacrime. Le vite parallele dei Pizzillo si incontrano a Montecalvo almeno una volta l'anno. Allora tutta la famiglia, sparsa per l'Italia e per il mondo, si ritrova attorno all'arzilla mamma Rosa che benedice figli, nipoti e pronipoti. Nel cuore e nelle parole della mamma oggi c'è soprattutto quel figlio che sta così lontano, quel primogenito che lasciò gli studi per aiutare la famiglia, per portare presto i soldi a casa. «Mio cognato è tenace e determinato - ha affermato Luigi Zarrillo, professore di francese - È un irpino caparbio, e per questo, ma anche per la sua straordinaria intraprendenza negli affari, che ha ricevuto molti riconoscimenti in Guatemala».
Da " Il Mattino" del 20/01/2008