Ogni anno nei giorni del 14 e 15 luglio la città di Campi Salentina, comune a nord del suo capoluogo Lecce, vive con intenso fervore religioso e con vari e manifestazioni popolari la sacra festa patronale di San Pompilio. Nella vigilia si celebra la Messa solenne con la benedizione “del pane di San Pompilio” e la popolazione tutta interviene con estrema partecipazione. Durante la sera si svolge invece la tradizionale processione per le vie del paese di Campi salentina con i fedeli che accompagnano la statua del Santo.
San Pompilio Maria Pirrotti, al secolo Domenico (Montecalvo Irpino, 29 settembre 1710; † Campi Salentina, 15 luglio 1766) è stato un presbitero italiano. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica: la sua memoria liturgica cade il 15 luglio, giorno della morte.
Sesto degli undici figli del nobile Girolamo Pirrotti e Orsola Bozzuti, il 30 settembre fu battezato nella Chiesa Collegiata dell'Assunta di Montecalvo Irpino, diocesi di Benevento) con i nomi di Domenico, Michele, Giovan Battista.
Poco si conosce dei primi studi compiuti dal Santo. Sappiamo però che quando mostrò il desiderio di ritirarsi in un chiostro, i genitori si opposero. Nel 1726 a Montecalvo Irpino predicò la quaresima padre Nicolo delle Scuole Pie. Il Pirrotti ascoltandolo si persuase che Dio lo voleva nella vita religiosa. Per ubbidire a quella chiamata decise di fuggire da casa, scrisse un biglietto per il padre, e poi partì a piedi alla volta del collegio degli Scolopi di Benevento. Il sospirato consenso di entrare nel noviziato, annesso alla chiesa di Caravaggio in Napoli, gli venne soltanto dopo alcuni mesi. [1].
Il 2 febbraio 1727 vestì l'abito religioso degli Scolopi, fondato da San Giuseppe Calasanzio nel 1617, prendendo il nome di Pompilio Maria, in ricordo del fratello morto nel seminario di Benevento. Alla fine del primo anno di noviziato, ottenuta la dispensa del secondo anno di prova, il 25 marzo 1728 fece la professione solenne con i voti di povertà, castità, obbedienza e quello di istruire la gioventù secondo la Regola dell'Ordine.
Da Napoli fu poi inviato a Chieti per continuare gli studi di filosofia, ma ammalatosi e nella speranza che il cambio di clima avesse potuto giovargli, fu trasferito a Melfi (Potenza) dove proseguì con successo gli studi sacri e profani, nel 1733 con la fama di teologo e non ancora sacerdote, andò a Turi (Bari), dando inizio al'insegnamento delle lettere e a quello di educatore della gioventù.
Il 20 marzo 1734 venne ordinato sacerdote dall'arcivescovo di Brindisi, Andrea Maddalena, dopo di ciò avvertì il bisogno di allargare il proprio cuore e il campo del suo apostolato e con 'esplicito permesso dei Superiori prese a predicare e confessare in molte regioni d'Italia.
Docente, sacerdote, predicatore popolare e di esercizi spirituali. Non sempre compreso da superiori e autorità, girò per varie regioni d'Italia, producendo un vasto epistolario confidenziale e di direzione spirituale.
Nella sua vita padre Pompilio fu continuamente trasferito da una casa all'altra dell'Ordine senza che ne muovesse il minimo lamento, sempre deciso a nulla cercare e a nulla rifiutare. Nel 1747 fu mandato a Napoli nel collegio annesso alla chiesa di Caravaggio. Ebbe così modo di estendere giorno e notte il suo ministero a tutte le categorie sociali della città. I napoletani chiamavano il Pirrotti "il Padre Santo" per la cura che si prendeva dei peccatori, dei poveri e dei malati e soprattutto per i miracoli che compiva [1].
Nonostante fosse molto amato dal popolo, padre Pompilio trovò molti contrasti da parte di superiori ed autorità. I superiori trovarono da ridire per la fondazione dei una Confraternita, e i preti secolari lo accusavano di rilassamento, di faciloneria nell'assolvere, di mitezza nell'imporre le penitenze, fu sospeso dalle confessioni dall'arcivescovo di Napoli. In seguito fu allontanato dal regno perché era dipinto agli occhi del re Carlo II come un uomo pericoloso, avverso alle nuove leggi.
A Lugo (Ravenna) e ad Ancona, dove visse tra il 1759 e il 1763 riprese la predicazione. Ovunque egli raccolse grandi frutti facendosi in Italia l'araldo della devozione al Sacro Cuore di Gesù e della Comunione frequente. I napoletani, appena era partito, lo avevano reclamato e il re che nel 1763 lo fece tornare a Caravaggio.
L'andare di continuo peregrinando per luoghi diversi serviva al santo per distaccarsi sempre da tutto. Finché rimase di sede ad Ancona venne chiamato a predicare da tutte le parti delle Marche e dell'Emilia. La stima che il governatore della città aveva concepito per lui era tanto grande che ordinò alla guardia militare del suo palazzo di rendergli gli onori, ogni volta che ne varcava la soglia. Il santo ne fece le rimostranze e, quando si avvide che non servivano a nulla, estraeva il crocifisso e lo alzava davanti ai propri occhi.
Nel 1765 ricevette dal suo Proposito generale l'ordine di trasferirsi a Campi Salentina (Lecce). Quel viaggio aveva tutto il sapore di un premio. Ne approfittò il santo per visitare ancora una volta Loreto, Roma e gli altri luoghi del suo primo apostolato. Per circa un mese si fermò pure a predicare a Montecalvo Irpino, suo paese natale, dove aveva scritto in precedenza la novena al Sacro Cuore di Gesù e stabilito una pia associazione in suo onore.
Volendo celebrare la festa del Sacro Cuore con grande solennità invitando a pranzo gli esponenti del paese. Ne parlò alla cognata, ma ella gli obiettò di non esser in grado di procurarsi l'occorrente per trentadue persone. Le rispose il santo che sarebbero bastati: una pagnotta di pane, una caraffa di vino, una pignatta di erba, un rotolo di maccheroni e un piatto di carne perché Iddio avrebbe mandato un angelo a benedire la tavola. La predizione si avverò alla lettera. Difatti, man mano che i commensali si servivano delle varie pietanze, la quantità dei cibi non diminuì[1].
A Campi Salentina padre Pompilio fu nominato Rettore del Collegio. Egli ne approfittò per introdurre nella chiesa l'esercizio quotidiano della Via Crucis e l'esposizione del |Santissimo Sacramento. Il popolo corrispose alle sue cure. Nei giorni di festa cinque padri non bastavano per udire le confessioni dei fedeli. Tutte le domeniche praticava pure l'esercizio della preparazione alla morte. La carestia che nel 1765 imperversò nell'Italia meridionale gli permise di estendere la sua carità a tutti i bisognosi, specialmente ai fanciulli che quasi tutte le mattine accorrevano a lui per ricevere fave o fettine di pane abbrustolito, che aveva ottenuto dalla carità dei ricchi e che, talora, moltiplicava con il dono che Dio gli aveva concesso di fare miracoli. Tredici giorni prima della morte fu assalito da febbre, ma egli non ci badò. Continuò a predicare e a confessare finché svenne. Morì, come gli era stato predetto, il 15 luglio del 1766, sopra un seggiolone da lui preferito al letto, dopo avere più volte esclamato:
« | Oh, Mamma bella!.[1] » |
Fu beatificato nella Basilica di San Pietro da papa Leone XIII nel 1890. Lo stesso pontefice ne scrisse l'inno ufficiale in latino. Papa Pio XI lo canonizzò il 19 marzo del 1934.
Le sue spoglie sono conservate in Puglia, nella chiesa dello Spirito Santo, ora Santuario di San Pompilio a Campi Salentina, dove nel 1966 si fecero solenni festeggiamenti per il secondo centenario della morte, nel biennio 2004-2005 si sono celebrati i festeggiamenti per il settantesimo anniversario della canonizzazione, con convegni e manifestazioni, tra cui lo straordinario evento della traslazione delle reliquie al paese irpino.
Il 2 luglio 2006, in un parco della città di Campi, gli viene dedicato un monumento: la figura del santo che dona il pane a due bambini poveri, segno della grande vocazione che San Pompilio perseguì nella sua vita. Il 2010, terzo centenario dalla nascita, è stato indicato come anno pompiliano.
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