Montecalvo Irpino, tra Benevento e Avellino, è uno dei tanti paesi del sud dove la miseria, l'emigrazione, hanno consumato, quotidianamente , la forza e la voglia di fare. Ma tutto questo non ha impedito a Montecalvo di far ascoltare la propria voce.
Come spesso succede, a chi è costretto ad abbandonare la propria terra, rimangono i suoni uditi e passati tra le mura domestiche,nella piazza del paese, nei campi. Suoni e rumori che rimangono intatti nella memoria, ritornando costantemente alla luce nei momenti in cui ognuno deve fare i conti con se stesso.
Andare a ricomporre la memoria collettiva,riconquistare la lingua delle proprie origini significa infondere e dar coraggio, ma sopratutto riconsegnare, a chi l'aveva perduta, la sua giusta appartenenza ad una civiltà antica degna di rispetto pregna di atavica nobiltà.
Queste poche righe vogliono essere un contributo per chi è stato costretto a lasciare il paese d'origine e vivere una esistenza lacerato nei ricordi di un paese che oggi è entrato nel nuovo millennio. Di persone care e non più viste, anche io, indegno autore, ne ricordo molte. Eravamo in molti,ragazzini nati tra gli anni '50 e '60 a giocare "ncoppa la chiazza", una generazione nuova gioiosa che ha dovuto fare i conti con le vicende storiche di quegli anni. Vorrei chiamarvi uno ad uno, ma non so dove siete, ringraziamo questa nuova tecnologia che con discrezione offre una possibilità in più alla ricomposizione e ricostruzione di momenti di vita difficilmente cancellabili. Lo sforzo è grande ma questo impegno lo dobbiamo alle promesse di ragazzini dette in un momento dove tutto ci sembrava paradisiaco. Non c'è altro fine in queste pagine, tranne quello di ridare colore a delle immagini, ormai scolorite dal tempo.
Alfonso Caccese
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