SIMONETTA LAZZERINI DI FLORIO
E’ nata e vive a Firenze dove per lunghi anni si è dedicata all’insegnamento.Da sempre appasionata cultrice di arti figurative, ha preso parte, in modo attivo e collaborativo, a prestigiose associazioni fiorentine del settore. E'sposata con il nostro concittadino, Prof.Antonio Di Florio,docente di Istituzioni di diritto pubblico e legislazione scolastica italiana e europea all'Università di Firenze ,da sempre appassionata cultrice di arti figurative, ha preso parte, in modo attivo e collaborativo, a prestigiose associazioni fiorentine del settore. In questi ultimi anni si è dedicata alla scrittura creativa, in particolare alla poesia, anche per un commosso omaggio di riconoscenza verso i tanti ‘compagni di viaggio’ che, come ricorda in un suo testo, l’hanno aiutata a vario titolo lungo il percorso. Si considera, però, anche montecalvese, almeno come “cittadina d’adozione”, e non solo perché ne ha sposato un nativo (il comm. dott. Antonio Di Florio) ma, soprattutto, perché, trascorrendovi frequentemente i mesi estivi, ha imparato a conoscere Montecalvo, ad apprezzarne la genuinità degli abitanti, le ricchezze storico-artistiche dei luoghi più nascosti, ad amarlo.
Per questo ha scritto spontaneamente, quasi con devozione sul “Paese e sul Santo che lo rappresenta”. Da sempre appassionata e competente cultrice di arti figurative, ha preso parte, in modo attivo e collaborativo a prestigiose Associazioni fiorentine del settore quali: “Amici dei Musei” e “Perseo-centroartivisive”. Inoltre, in questi ultimi anni, si è dedicata alla scrittura creativa, in particolare alla poesia, di cui la sua ultima raccolta, pubblicata nel gennaio 2005: “Dalla barca lunata”, Ed. Polistampa-Firenze, rappresenta il gruppo più organico della sua creatività poetica. Collabora a diverse Associazioni culturali-letterarie quali “Novecento-Poesia”, “Sguardo e Sogno”, “La Camerata dei Poeti”, ed altre. E’parte rilevante dell’U.C.A.I. (Unione Cattolica Artisti Italiani) dove sono particolarmente apprezzati i suoi numerosi testi di carattere religioso. Frequenta abitualmente il “Caffè storico fiorentino “Le giubbe Rosse” (importantissimo luogo di ritrovo di intellettuali e poeti del primo ‘900: Soffici, Papini, Montale, ecc.) dove, tra l’altro, alla presenza del Poeta stesso, ha introdotto criticamente e letto alcune liriche del compianto Maestro Mario Luzi con cui vantava una certa familiarità e che, a buon diritto, può considerare suo Maestro nello spirito.
I passi e le soste è la terza raccolta di poesie dopo Dalla barca lunata (2005, Premio Opera Prima al Concorso Contini Bonacossi 2006) e Abitare il giardino (2011, terzo premio Firenze Capitale d'Europa 2014).
Intervengono all'iniziativa Giovanni Pallanti, giornalista e Carmelo Mezzasalma, docente.
Simonetta Lazzerini Di Florio è nata e vive a Firenze dove si è dedicata ad una lunga attività di insegnamento. Da sempre appasionata cultrice di arti figurative, ha preso parte, in modo attivo e collaborativo, a prestigiose associazioni fiorentine del settore. In questi ultimi anni si è dedicata alla scrittura creativa, in particolare alla poesia, anche per un commosso omaggio di riconoscenza verso i tanti ‘compagni di viaggio’ che, come ricorda in un suo testo, l’hanno aiutata a vario titolo lungo il percorso.
Iniziativa a cura della Casa editrice Florence Art Edizioni.
1 Febbraio 2019 (voce di SopraPensiero)
Nella poesia di Simonetta Lazzerini Di Florio c’è la sensibilità indispensabile per osservare nella sua interezza l’animo umano, una riflessione sull’esistenza e i suoi valori che conducono l’autrice e il lettore dall’uomo alla consapevolezza della divinità, compresa e celebrata nella sua bellezza mistica. La poetessa nell’atto della riflessione è un viandante che si ferma a guardare lo scorrere di un fiume, metafora dell’anima, con occhi talmente attenti da penetrare l’acqua fino a giungere nelle sue profondità “…a contemplare / lo scorrere pigro dell’acqua / e il dolce limo / della sponda.”
Strumento di questa ricerca è la parola; come sosteneva Mario Luzi, apprezzato e preso come riferimento dalla Lazzerini, la poesia è comunicazione essenziale, mai banale o soltanto stilisticamente bella, frutto di una ricerca lessicale attenta a ogni sfumatura del linguaggio. La parola suprema resta il verbo delle sacre scritture e la parola umana non riesce a descrivere la magnificenza divina “Signore / vana è la mia parola / troppo corta e troppo oscura, / per quanto mi affanni / non ti può definire.” Nemmeno al linguaggio della poetessa è dato oltrepassare tale limite, che però non impedisce alla sua lirica di parlare di Dio attraverso i propri strumenti comunicativi e conoscitivi, di un Dio che come l’uomo si delinea nei versi in modo spontaneo attraverso gli intensi sentimenti dell’autrice.
L’altro elemento che ispira e alimenta la lirica della Lazzerini è il mare, metafora dell’infinito in cui trovare sfogo e serenità, contrapposto alla natura umana finita “Il piccolo uomo / che avanza / cerniera / tra due infinitudini”. Si affiancano nello scorrere dei versi altri elementi della natura, emerge il tentativo di compenetrarsi nella loro essenza, di descrivere un’energia che anima gli esseri viventi come un’ambrosia che cade su di loro sottratta agli Dei, sempre nella ricerca della natura umana da scoprire e apprendere per mezzo di ogni componente del creato. La poesia della Lazzerini è una preghiera all’esistenza, spesso intervallata da preghiere rivolte a Dio, un’analisi fedele e disincantata della felicità e dell’illusione, comprese le situazioni che generano rimorso e sofferenza. Dopo l’atmosfera cupa torna sempre la luce del sole “Se dopo / un grigiore basso di nubi / s’apre di nuovo al sole / vibra più intensa l’aria…”, altra metafora che tocca la sensibilità del lettore capace di riconoscervi lo scorrere della vita tra eventi tristi e gioiosi, ma in generale indispensabili. Procedere per poi fermarsi allo scopo di trovare la forza di affrontare il dolore; sono questi i passi e le attese, le seconde essenziali alla riflessione, dimensione congeniale alla poetessa che in una lirica si paragona a un airone interessato a osservare dall’alto la lotta per la vita “Dall’alto osserva un airone / incede e non disdegna.” Ma i versi descrivono l’attesa anche come condizione naturale dell’esistenza, persino l’attesa della morte diviene un aspetto della vita umana e nell’esempio supremo della Resurrezione l’autrice dimostra, che nella grandezza dell’uomo come nella sua quotidianità aspettiamo un evento risolutore.
Tra i versi appare il passato, che viene rivissuto attraverso la memoria delle persone e degli oggetti persi, apprezzati con gli occhi della poetessa che nel suo scrutare è come una bambina ancora pronta a stupirsi. Le immagini rimandano alla consapevolezza della fragilità umana, alle sensazioni legate al timore per un avvenire privo di certezze “Chi vive non può / sapere del dopo / e sempre apparirà / fragile ramoscello / sballottato dalla corrente.” Interessante a livello metrico l’effetto delle doppie finali che richiamano a un movimento disarmonico, abbandonato allo scorrere dell’acqua. Ancora una volta è unicamente la concezione profonda dell’esistenza di Dio l’unico strumento di salvezza, malgrado possa bastare un semplice gesto di tenerezza per sollevare l’animo dallo smarrimento per la sua instabilità.
È nella terza età che la riflessione dona i suoi frutti migliori, gli occhi dell’anziano vedono più in profondità dell’entusiasmo giovanile, il corpo ha perso il suo vigore ma la mente si è affinata trovando armonia con ogni aspetto della realtà. La vita e la spiritualità si accostano in una dimensione mistica, solo nel momento in cui lo spirito racchiude in sé la forma della vita l’uomo, anche se ormai consumato, può raggiungere la completezza emotiva “Mi cattura il momento / e ai sensi è completezza.”
La raccolta si conclude con una riflessione su un futuro inevitabilmente volto alla morte, quest’ultima vista come interruzione dei rapporti con l’altro, in una comunicazione alimentata dalla diversità che diviene un valore essenziale, da difendere contro ogni banalità. La persona a cui l’autrice si rivolge spende costantemente energie fisiche e per questo è lontana dalla sua natura contemplativa, oppure è un’amicizia finalmente ritrovata dopo un lungo periodo di silenzio, adesso riavvicinata dalle parole che restano l’unico strumento non solo della poesia ma anche dei rapporti quotidiani “Poi la parola, / per grazia / ci riportò sorelle.” Nella morte la Lazzerini vede l’annientamento di ogni forma di contatto, si legge la paura nei confronti di una fine impietosa che non concede all’uomo la possibilità di concludere il suo cammino, distrugge la sua empatia con ogni altro essere vivente “Questo eterno silenzio / per chi aveva ancora / da narrare.”
La raccolta denota maturità espressiva, la capacità di concentrarsi sull’intento di voler e dover raccontare la vita in ogni suo aspetto, fino alla ricerca di quanto ci attende una volta concluso il nostro viaggio. Le parole vengono spesso valorizzate dalle figure retoriche e dall’accentuata musicalità dei versi. Il ritmo è dato dalle frequenti assonanze e allitterazioni, ma anche dallo spontaneo accostamento di termini che tra loro hanno suoni concordanti senza rispondere a specifiche regole metriche.
Ne sono un esempio le parole giorno e vento nei versi “Vivere il giorno / attimo per attimo / prima che il vento…”, una scelta linguistica efficace quanto le assonanze tra tempo e mutamento “Nell’incessante fluidità del tempo / si muovono valori, saperi, ragioni / pronti al mutamento.” o tra pensiero e inatteso “…ancor più / del pensiero, / mi misuro ogni giorno / con l’instabilità / e l’inatteso.” Tra le allitterazioni nei versi “Da giovani si gira il mondo / guardando tutto / con occhi avidi.” il suono della nd rende l’impressione di un continuo vagare, mentre il suono della a in “…salgono tra il pietrisco / arrampicandosi agili alla cima / fino a quel cielo / sfacciatamente azzurro.” richiama la necessità di tendere verso l’alto e il suono della fr in “… vibrano l’aria / con frescura di fronda…” ricorda il rumore di una oscillazione. Altrettanto frequenti sono le anafore, strumenti linguistici cari all’autrice per marcare i concetti centrali di una poetica delle emozioni ricca e densa di spunti da cogliere, come in “…non mi fecero più culla le tue braccia / non mi fu cometa il tuo viso…”.
La poesia per Simonetta Lazzerini Di Florio è lo strumento indispensabile a una lunga e mai conclusa preghiera alla vita e a favore della vita, che continua in una dimensione spirituale a cui tendere evitando il consueto e il banale, sempre coltivando un amore smisurato per ogni essenza materiale e immateriale. La poesia diviene così la salute e la salvezza dell’uomo e della sua anima.